Breve storia di Santa Chiara d'Assisi


Morta nel 1253, dopo soli due anni fu proclamata santa da Alessandro IV e proposta all’imitazione di tutta la Chiesa.

Chiara nacque ad Assisi nel 1194. Non solo è compaesana di San Francesco, ma la sua vita è stata grandemente influenzata da lui. Non pensiamola però completamente all’ombra, seppure santa, di Francesco. Anche lei aveva una forte personalità: la manifestò nel portare avanti la sua decisione di consacrarsi a Cristo nonostante le molte difficoltà.

Chiara aveva tutti gli ingredienti per vivere una vita agiata e felice. Era una bella ragazza, di famiglia benestante con genitori di nobile casato. Poteva quindi aspirare ad un matrimonio di alto rango. Niente di tutto questo.

All’età di 18 anni Chiara fuggì da casa per coronare il suo sogno di consacrarsi a Cristo. Una decisione improvvisa, frutto di una incosciente fretta adolescenziale o di una precoce esaltazione spirituale? No, sapeva quello che faceva.

Sua madre, Ortolana, buona e molto religiosa, l’aveva educata cristianamente. Ma l’esempio decisivo le venne dalla scelta di Francesco di vendere tutte le proprie sostanze per seguire Cristo povero. Chiara aveva approvato il gesto del suo compaesano, e aspettava il momento giusto per imitarlo. Ricordo un brevissimo colloquio tra i due, nel famoso film di F. Zeffirelli “Fratello Sole, Sorella Luna”. Francesco, dopo la scelta radicale di seguire Cristo, le disse: “La gente non mi ha capito. Ora tutti credono che sia diventato pazzo”. E Chiara di rimando: “Per me eri pazzo prima, non adesso”.

Nella domenica delle Palme del 1212 Chiara fuggì da casa e andò alla Porziuncola presso Francesco e i suoi amici. Probabilmente anche lei, poco tempo prima aveva venduto i propri beni, rompendo con la famiglia. Di qui anche l’ostilità dei parenti.

Francesco l’accolse, e dopo averle tagliato i capelli e rivestita di un saio, per simbolizzare il nuovo stato di vita, la condusse in un monastero benedettino. Qui subì il tentativo dei parenti di ricondurla a casa con la forza.
Chiara resistette e dopo poco tempo fu raggiunta da alcune sue amiche e dalla stessa sorella Agnese, fuggita anch’essa di casa. In seguito arrivarono l’altra sorella Beatrice, ed infine, dopo alcuni anni, sua madre. Tutte affascinate dalla predicazione e dall’esempio di Francesco, dei suoi frati, e dalla decisione coraggiosa di Chiara.

La piccola comunità aveva ormai un posto sicuro, presso la chiesa di san Damiano, in Assisi. Per questo furono chiamate Damianite dal popolo, Povere Dame da Francesco e in seguito Clarisse. Chiara e le sue amiche non “fuggivano dal mondo”, non si imboscavano lontano dalle difficoltà quotidiane della gente. Volevano vivere ritirate sì, ma sostenute dal proprio lavoro, immerse nella preghiera per sé e per gli altri, ponendosi al servizio della chiesa, preoccupandosi davanti a Dio della salvezza di tutti.

La sistemazione sicura e stabile a San Damiano diventò per Chiara anche l’inizio della seconda tappa della sua vita. Dopo il periodo della “conversio ad Deum”, della ricerca di Dio, cominciava la seconda parte: quella della “conversatio cum Deo”, cioè del “dialogo con Dio” nella sua vita religiosa.


Alla sequela del Cristo povero

A San Damiano è presente sì lo spirito di Francesco, ma è Chiara che dà l’impronta decisiva alla sua comunità. Sarà lei stessa con coraggio a “resistere” alle pressioni del papa Gregorio IX, che insisteva nel persuaderla a possedere qualche proprietà proponendo una dispensa dal voto di povertà. Lei stessa gli dirà con decisione “Santo Padre, a nessun patto e mai, in eterno, desidero essere dispensata dalla sequela di Cristo”. Il Cristo di Chiara era quello povero, da seguire integralmente, anche se lei stessa scriveva ad Agnese di Praga che “non abbiamo un corpo di bronzo né la nostra è la robustezza del granito”. Il papa in seguito le concederà il “privilegio della povertà”.

Questo le arrivava a due anni dalla morte del grande Francesco. Per lei aveva grande importanza. “La difesa dell’ideale pauperistico ed il mantenimento a pieno titolo dell’Ordine Damianita nell’alveo del movimento francescano, stelle polari dell’esistenza di Chiara, furono dunque motivo di tenaci e prolungati confronti con la Sede Apostolica... Nel contesto della tradizione monastica, la scelta di povertà era per Chiara l’unico modo per preservare una sua specifica identità” (S. Brufani).

Grandi la fede e la devozione di Chiara a Gesù nell’Eucaristia. Confinata a letto per tanti anni a causa di una malattia, ricamò con maestria finissimi corporali per adornare gli altari di varie chiese di Assisi e dintorni. Famoso poi è rimasto l’episodio, narrato da un testimone, dell’allontanamento dei Saraceni dal monastero. Quando arrivarono gli invasori chiamarono Chiara. Ella andò alla porta del refettorio e fece portare la cassetta contenente l’Eucaristia, si prostrò davanti e piangendo implorò: “Signore, guarda tu queste tue serve, perché io non le posso guardare”. Si udì una voce di grande soavità che disse: “Io ti difenderò sempre”. Poi Chiara implorò la stessa grazia per la città. La voce rispose: “La città patirà molti pericoli, ma sarà difesa”. Ed i Saraceni se ne andarono.

Chiara morì l’11 agosto 1253 dopo lunghi diciannove anni di malattia, due giorni dopo l’approvazione della sua Regola. Al funerale partecipò, in segno di grande stima e ammirazione, il papa e alti esponenti della Curia papale. Due anni dopo era già scritta nell’albo dei santi con la bolla pontificia “Clara claris praeclaris meritis”. Qui ella viene definita “una innamorata ed indefessa seguace della povertà”: la povertà per amore del vangelo viene quindi per la prima volta valutata ed esaltata come virtù determinante per una canonizzazione.

Un’ultima annotazione. Pochi sanno che nel 1958 il papa Pio XII la proclamò “Patrona della Televisione”. Questo per ricordare un miracolo di cui ella fu protagonista. Era la notte di Natale, essendo Chiara a letto perché malata, non poteva essere presente alla suggestiva liturgia nella Notte Santa. Tuttavia ella seguì miracolosamente la celebrazione che avveniva a grande distanza come fosse presente. Il giorno dopo la raccontò alle consorelle.


(Mario Scudu)




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